Bivacca Antispecista Transfemminista (2023)

Con questo post vi invitiamo a partecipare alla BI-VACCA! Campeggia antispecista transfemminista, che si terrà al presidio NO TAV di Venaus dal 30 giugno al 2 luglio 2023.

In fondo al post il form di iscrizione da compilare entro il 18 GIUGNO!

La bi-vacca sarà una 3 giorni di riflessioni, momenti conviviali, spettacoli e laboratori sull’antispecismo e il transfemminismo.

  • Lo spazio sarà autogestito: non c’è differenza tra chi partecipa e chi organizza. Alcune attività verranno proposte da noi, ma ci saranno spazi e tempi per proporre attività libere. Inoltre, tutte le mansioni di cura dello spazio, dell’organizzazione interna e del nostro benessere verranno condivise con tutte le persone partecipanti.

 

  • Non saranno tollerati atteggiamenti machisti, sessisti, abilisti, transfobici, anti sex work, razzisti, fascisti, specisti.

L’obiettivo principale della 3 giorni è aprire una riflessione collettiva insieme ad altre realtà e persone antispeciste e discutere di una prospettiva di lotta comune antispecista, transfemminista e anticapitalista.

Ci piacerebbe parlare insieme di:

  • antispecismo e transfemminismo;
  • antispecismo e ruralità;
  • azioni dirette;
  • animali domestici e animali liberi

… e molto altro!

Altre informazioni utili e raccomandazioni:

  • bambinə e canә sono benvenutə ma con attenzione e responsabilità nella gestione: il campeggio è situato vicino a una strada a scorrimento veloce;
  • chiediamo a chi partecipa di aiutarci nell’autogestione inserendosi nei turni per la recupera delle verdure che verrà effettuata nei mercati della zona, per la preparazione dei pasti e per la pulizia dei bagni;
  • la partecipazione alla campeggia è gratuita, per i pasti verrà richiesta un’offerta con un minimo di partenza, ma sempre secondo le possibilità di chi partecipa;
  • per evitare il più possibile l’usa e getta e distribuire il lavaggio piatti chiediamo a ogni partecipante di portare piatto, bicchiere e posate;
  • chiediamo di non portare alimenti di origine animale di alcun tipo;
  • nelle docce e per le pulizie si possono usare solo detergenti privi di additivi chimici, come il sapone di marsiglia, come requisito del luogo che ci ospita;
  • è molto gradito il contributo di prodotti per la colazione che non necessitano di conservazione in frigo (es. burro d’arachidi e altre creme, pane e biscotti – meglio se senza glutine, ecc.);
  • consigliamo di portare una torcia perché il campeggio non è illuminato;
  • dalla stazione ferroviaria di Susa il campeggio dista circa 20 min a piedi in salita, organizzeremo comunque passaggi in auto da Susa al campeggio;
  • Aggiornamento: i parcheggi non sono più disponibili davanti al presidio, come invece abbiamo segnalato qui in precedenza;
  • attenzione a quello che portate perché il luogo è spesso presidiato da sbirraglia.

Se volete partecipare all’organizzazione, se volete proporre laboratori, se volete arrivare un giorno prima per dare una mano o fermarvi un giorno in più per risistemare, potete scriverci alla mail: transelvatik@bruttocarattere.org

Vi chiediamo inoltre di compilare questo form ENTRO DOMENICA 18 GIUGNO per aiutarci a organizzare i pasti e la logistica:

 https://framaforms.org/bi-vacca-campeggia-antispecista-transfemminista-1681915768

transelvatikə e Food Not Bombs Torino

Finché ogni gabbia non sarà vuota

In quanto collettivo antispecista che si sta interrogando sui punti di contatto tra il punitivismo e la reclusione delle persone non umane, tra il sistema carcerario per uman* e lo specismo, vogliamo cogliere l’occasione per sottolineare che per noi il carcere per chi ingabbia, cattura e reifica gli animali non umani non potrà mai essere una soluzione.
Lo facciamo citando qui un articolo comparso su writing liberation:
Le somiglianze fisiche tra i sistemi di prigionia (per uman* e non uman*) sono in qualche modo ovvie. Alti recinti sormontati da filo spinato, cancelli chiusi con catene e lucchetti, individui confinati in celle (gabbie) singole o di gruppo a seconda dello status o della funzione attribuita: sono elementi osservabili sia nelle prigioni umane che in quelle per non-uman*, siano esse allevamenti di maiali o laboratori di vivisezione (o strutture di detenzione come Casteller). I metodi di trasporto utilizzati per trasferire prigionier* uman* e non-uman* hanno anch’essi somiglianze, con veicoli chiusi e compartimentati, col minimo spazio e sicurezza necessari alla consegna dell’individuo al tribunale o al macello per essere “processat*”.
Qualcun* potrebbe dire che qui finiscono le analogie, sia fisiche che ideologiche, dato che gli animali non-umani non commettono crimini che “meritano” incarcerazione e macellazione, o dato che le carceri umane come sistema punitivo giocano un ruolo vitale nel mantenimento dell’ordine sociale e dovrebbero continuare a farlo (un ordine dettato da legislatori e rafforzato dai loro impiegati, la polizia e le guardie carcerarie). Ad ogni modo il sistema carcerario è uno strumento intrinsecamente politico, usato per sopprimere il dissenso, per contenere la cosiddetta devianza sociale, e per stipare efficacemente gli individui che si ritiene non abbiano posto nella società. Come afferma Angela Y. Davis: “il carcere è divenuto un buco nero in cui vengono depositati tutti i detriti della società capitalista contemporanea” (Angela Y. Davis “Aboliamo le prigioni?” 2003). Molte persone si ritrovano incarcerate non perché siano intrinsecamente meritevoli di una cella, ma a causa di una serie di circostanze politiche, ideologiche e socio-economiche che rende loro impraticabile la partecipazione all’interno del moderno sistema di input/consumo-output/produzione che costituisce la base di una società capitalista. 
L'”alterizzazione” dell* prigionier* (la separazione fisica e ideologica delle persone marginalizzate dalla società tradizionalmente intesa) come mezzo per giustificare non solo la loro incarcerazione ma anche lo sfruttamento del loro lavoro è diventato un aspetto così normalizzato della nostra società che la comunità allargata fatica a riconoscere la funzione di controllo sociale del sistema carcerario, vedendola invece come normale, naturale e necessaria, fino ad escluderne qualsiasi alternativa.
Questo stesso argomento viene applicato allo sfruttamento continuato di animali non-umani, basato su un ordine percepito come “naturale”, plasmato dal capitalismo a tal punto da alterizzare esseri senzienti, da trasformare individui in entità simili a macchine, la cui primaria funzione è quella di un’unità di produzione. Proprio come lo stato esercita diritti di proprietà sull* uman* imprigionat* mentre mercifica la loro incarcerazione, così anche gli animali non-umani sono resi proprietà dell’industria sponsorizzata dallo stato, e la produttività (o riproduzione) dei loro corpi viene mercificata all’interno della gabbia.
La collocazione fisica della gabbia è di primaria importanza, non solo per rimuovere l’individuo incarcerato (umano o non-umano) dalla società ma, forse ancora più importante, per “rimuovere dalla vista, dalla responsabilità, la violenza che è intrinseca al suo funzionamento” (Wadiwel). I muri, i lucchetti, le gabbie e la separazione dalle aree urbane, osservabili sia nelle carceri umane che non-umane, non sono analogie semplicemente fisiche; sono meccanismi strategici deliberatamente applicati per occultare la violenza inflitta a coloro che sono dentro dalla vista della comunità, e per assolvere quella comunità dalla responsabilità per coloro che sono incarcerat* al suo interno. Certo, ci sono differenze evidenti tra prigioni umane e non-umane. Un esempio, la maggioranza dell* prigioner* uman* alla fine lascia la propria gabbia fisica da viv* (anche se si potrebbe obiettare che i processi di istituzionalizzazione e di esclusione sociale continuativa rappresentano una gabbia psicologia e fisica con cui molt* ex-prigionier* dovranno fare i conti a lungo). Ad ogni modo, come afferma Steven Best “l’argomento non è se le esperienze e le forme di oppressione umane e non-umane sono identiche o che non ci sono differenze rilevanti da delineare, ma piuttosto che le somiglianze sono più importanti delle differenze”. 
Inoltre, come strumento usato nella soppressione del dissenso politico, il sistema carcerario è fondamentalmente un ostacolo alla realizzazione della liberazione animale non-umana, attraverso la persecuzione e incarcerazione di quegli individui che escono dalla legge nel perseguire la giustizia. Supportare la continuazione del sistema carcerario significa supportare una macchina che lavora in diretta opposizione degli ideali fondamentali della liberazione stessa.
Quando diciamo “finché ogni gabbia non sarà vuota” dobbiamo intendere la sua logica conclusione. Non puramente come retorica di liberare gli animali non-umani dalle loro prigioni, ma come dedizione allo smantellamento del sistema carcerario, fondamentalmente ingiusto, che impedisce la realizzazione della liberazione. È di centrale importanza che riconosciamo le disuguaglianze sociali che sono volutamente costruite dallo stato, dall’industria e dalle aziende multinazionali, in quanto mezzi per continuare a nutrire il sistema carcerario, e comprendere come il sistema carcerario plasmi le nostre relazioni con gli animali non-umani. E finché non decostruiremo il sistema e le carceri che imprigionano animali umani e non-umani, comprese le prigioni nella nostra testa, la liberazione continuerà a sfuggirci.

Transelvatikə goes to FREE(K) PRIDE 2022: FR0C1FICATION!!

Sabato 8 ottobre 2022 abbiamo preso parte come collettivo antispecista alla FREE(K) PRIDE 2022: FR0C1FICATION, la pride indecorosa e anticapicalista torinese, per ribadire che antispecismo, transfemminismo e lotte queer si intrecciano e risuonano!

Di seguito pubblichiamo l’intervento letto durante la marcia

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Siamo la collettiva transelvatikə! Come collettivo antispecista sentiamo forte la necessità di rivendicare la nostra sorellanza alle lotte delle soggettività queer, sia per come ci posizioniamo sia perché il binarismo di genere, l’eterosessualità obbligatoria e la cis-normatività opprimono tanto gli animali umani, quanto gli animali non umani.

Sentiamo il bisogno di un movimento per la cospirazione accanto alle nostre compagne non umane che sia queer e transfemminista, e di un movimento queer che decostruisca il proprio antropocentrismo: pensare di liberare noi stessu da ogni tipo di oppressione mentre continuiamo a godere della violenza sistematica e dell’oggettificazione di persone non umane è una contraddizione in termini.

In quanto persone queer, in quanto collettivi minorizzati, siamo spesso disumanizzatu: ci si insulta con appellativi come “cagne”, “zoccole”, “porci”, “bestie”, “topi di fogna”, “zecche”. Non si tratta di semplici appellativi, ma di segnali di una strategia di animalizzazione che parte dal presupposto che “essere animali” significa essere sacrificabili, significa valere meno, significa meritare violenza.

Possiamo di certo rivendicare politicamente questi appellativi come nostri, perché il decoro, l’accettabilità e la norma sono valori che schifiamo. Ma se ci ri-appropriamo di questi insulti senza renderci conto che il concetto di umanità si costruisce sulla repressione dell’animalità, allora non staremo davvero liberandoci tuttu. Perché mentre quei termini vengono risignificati, mentre ci chiamiamo “cagne” e “zoccole”, le vere “bestie” e i veri “porci” continuano ad essere violentate, venduti, smembrate e resi carne.

Quando lottiamo per la libera espressione delle nostre corpe non conformi, quando lottiamo per la libera circolazione attraverso il mondo e i territori, quando lottiamo per costruire liberamente i nostri legami di sorellanza, di familiarità, per costruire sfamiglie difformi e multiple: in queste lotte ci sono anche lu nostru compagnu non umani, altrettanto colpitu e violatu dal peso di questo sistema colonial-etero-cis-patriarcale capitalista e disabilizzante.

Il consumo di carne (ovvero dei corpi smembrati dellu nostru compagnu non umani) e il consumo dei derivati animali (ovvero di quelle che Carol J. Adams definisce proteine femminilizzate, provenienti dal lavoro riproduttivo di miliardi di individue non umane socializzate come femmine) riproducono un modello di umanità e maschilità egemonici: un modello in cui l’uomo domina il mondo dall’alto in modo gerarchico, autoritario e verticalista, in un sogno di assoggettamento e controllo che nulla ha a che vedere con la comprensione intima della complessità che ci tiene intrecciate l’una all’altra in una inter-dipendenza strutturale.

Vogliamo che la nostra dissidenza sia davvero radicale, ovvero che vada alle radici del potere che contemporaneamente ci dà forma e ci rigetta, che ci crea come soggetti e insieme ci marginalizza. Vogliamo de-normalizzare e rendere lampante la violenza strutturale che vediamo ogni giorno nei mattatoi, nei supermercati, nella sperimentazione sugli animali, negli zoo e nei piatti e sulla bocca di troppi compagni, fino a che finalmente liberarci non significhi farlo a spese di qualcun altru, ma accanto a loro.

Vogliamo restare animali, contro ogni gabbia, di genere, razza, classe e specie!

PH. Leda Bartolucci  [IG @jerichovisual]